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La retinite pigmentosa

Per retinite pigmentosa si intende una malattia degenerativa, ereditaria, che colpisce la retina e provoca una lenta e progressiva perdita della vista.

La retina è la membrana, composta da diversi tipi di cellule, che ricopre la parte interna dell’occhio e ha il compito di acquisire le immagini e di inviarle al cervello mediante i nervi ottici. La retinite pigmentosa comporta la distruzione graduale di alcune delle cellule della retina.

Si conoscono un centinaio di geni che – se mutati – possono portare all’insorgere della malattia. In base al tipo di ereditarietà è possibile differenziare tre tipi di retinite pigmentosa.

Tipi di retinite pigmentosa

  • Autosomica dominante: corrisponde a un terzo dei casi, e si deve alla mutazione di un gene importante per la struttura o la funzionalità della retina. Colpisce in egual modo uomini e donne e si può trasmettere dai genitori ai figli; un genitore malato ha il 50% di possibilità di trasmettere la malattia ai figli.
  • Autosomica recessiva: i genitori sono entrambi portatori sani, hanno il 25% di possibilità di trasmettere la malattia ai figli.
  • Recessiva legata al sesso: la madre portatrice trasmette la malattia solo ai figli maschi con una probabilità pari al 50%, mentre le figlie femmine hanno il 50% di probabilità di essere portatrici sane. Rappresenta il 10% dei casi.

Infine, si parla di retinite pigmentosa sporadica quando non si verifica nessuno dei tre casi menzionati.

La retinite pigmentosa si stima che colpisca 1-5 persone su 10.000 a livello genetico. Complessivamente le degenerazioni retiniche ereditarie colpirebbero circa 2 milioni di persone nel mondo, di cui circa 1,5 milioni sarebbero affette da retinite pigmentosa. Purtroppo attualmente non esiste ancora alcuna cura efficace, nonostante diverse équipe di ricerca ci stiano lavorando.

I sintomi

I sintomi della Retinite Pigmentosa compaiono tipicamente durante l’infanzia: i più comuni sono la difficoltà di vedere di notte e la perdita della visione laterale.

I bambini hanno spesso difficoltà a muoversi al buio e hanno bisogno di periodi di tempo insolitamente lunghi per adattarsi ai cambiamenti di illuminazione.

Il campo visivo si restringe, i pazienti spesso inciampano sulle cose e appaiono goffi nei movimenti. Inoltre le persone con Retinite Pigmentosa hanno spesso fastidi in presenza di luce intensa, per cui l’esposizione al sole stessa provoca fastidio o addirittura dolore oculare con contrazione ripetuta delle palpebre, condizione nota come fotofobia.

Nelle ultime fasi della Retinite Pigmentosa, quando le cellule della retina muoiono, le persone tendono a perdere ampie aree di campo visivo, sviluppando la visione a tunnel. Possono avere difficoltà a svolgere compiti essenziali della vita quotidiana come leggere, guidare, camminare senza assistenza o riconoscere volti e oggetti.

Poiché ci sono molte mutazioni genetiche che causano il disturbo, la progressione di questa malattia può variare notevolmente da persona a persona. Alcune persone mantengono la visione centrale e un campo visivo limitato fino ai 50 anni, mentre altre sperimentano una significativa perdita della vista nella prima età adulta.

Gli esami utili

La Retinite Pigmentosa viene diagnosticata attraverso approfonditi esami della retina.

  • Oftalmoscopia: consente al medico di avere una visione diretta e chiara della retina.
  • Elettroretinogramma (ERG): misura l’attività elettrica delle cellule retiniche. Un lampo di luce viene inviato alla retina e gli elettrodi misurano le risposte delle cellule. Le persone con Retinite Pigmentosa hanno una ridotta attività elettrica, che riflette il declino della funzione delle cellule retiniche.
  • Test del campo visivo: si esegue per determinare l’entità della perdita della vista in decibel. La persona osserva come un punto di luce si muove entro una cupola (180 gradi) di spazio direttamente davanti alla testa e su entrambi i lati. Il paziente preme un pulsante quando percepisce lo stimolo luminoso. Questo processo si traduce in una mappa del loro campo visivo e della loro visione centrale.
  • Test genetici: viene fatta un’analisi sul DNA dalla persona, per fornire una diagnosi genetica. In questo modo una persona può conoscere la progressione della sua particolare forma di disturbo.

La cura

Non esiste oggi una terapia risolutiva; in alcuni casi si può cercare di rallentare il processo degenerativo con strategie, come la protezione dalla luce solare e la somministrazione di vitamine e prodotti a base di L. Dopa.

Esistono numerosi servizi e dispositivi per aiutare le persone ipovedenti a svolgere le attività quotidiane di svago e lavorative e mantenere la propria indipendenza. È molto importante, oltre che l’oculista, avere l’aiuto di un team di esperti, prima di tutto un sostegno psicologico sia per i bambini che per i loro genitori.

Gli ausili

I bambini con Retinite Pigmentosa possono beneficiare di ausili per ipovedenti che sfruttano al massimo la visione disponibile: ad esempio, ci sono lenti speciali che ingrandiscono la visione centrale per espandere il campo visivo ed eliminare l’abbagliamento e sono disponibili dei programmi per computer che leggono il testo. I dispositivi di illuminazione portatili possono regolare un ambiente buio e permettere al paziente di muoversi meglio; inoltre le tecniche di scansione oculare possono aiutare i pazienti a ottimizzare la vista rimanente.

L’educazione e la riabilitazione dell’ipovedente per il raggiungimento dell’autonomia e l’indipendenza motoria avviene, oltre che dall’uso di ausili, anche con l’intervento di esperti istruttori di orientamento della mobilità. Con le loro competenze formulano programmi specifici per ciascun soggetto mirati al raggiungimento della libertà di movimento e al dominio  dello spazio circum personale.

Una volta che a un bambino viene diagnosticata la retinite pigmentosa, verrà indirizzato a uno specialista di ipovisione per una valutazione completa.

Per i genitori di bambini con Retinite Pigmentosa è importante determinare quando il paziente potrebbe aver bisogno di imparare a usare un bastone lungo o un cane guida, effettuare esami oculistici regolari permetterà di verificare i progressi del disturbo e aiuterà i genitori a prendere decisioni in merito.

Sono in fase di ricerca nuove strategie terapeutiche, come la terapia genica, lo sviluppo di retine artificiali o di farmaci mirati.

Impianti retinici

Gli impianti retinici costituiscono una tecnologia in corso di continuo sviluppo per le persone con distrofie retiniche. Alcuni impianti si sono dimostrati efficaci nel restituire una parziale capacità visiva a pazienti che avevano perso la vista a causa della Retinite Pigmentosa.

Nelle persone nelle quali la maggior parte dei fotorecettori della retina è andata perduta, la funzione di queste cellule può essere sostituita da un microchip elettronico in grado di creare un impulso elettrico da trasferire alle altre cellule della retina.

Al momento questi dispositivi non sono in grado di restituire una visione naturale, ma sono utili nel migliorare la mobilità, perché consentono alla persona di distinguere la luce dal buio e di individuare oggetti con alto contrasto e grandi dimensioni, come ad esempio una porta. In Italia sono disponibili già due tipi di dispositivi elettronici e una sperimentazione per un altro tipo di dispositivo dovrebbe iniziare a breve.

La ricerca in questo campo è molto attiva e proficua.

A cura di
Dott. Vittorio Picardo – EyesON

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