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Ipovisione: traguardi raggiunti e obiettivi futuri, specie in tema di inclusione

L’ipovisione continua a colpire molte persone nel mondo: si calcola, per esempio, che le persone affette da degenerazione maculare legata all’età sono tra 30 e 50 milioni nei vari Continenti; e per il 2030 le stime di prevalenza non sono buone.

Molto è stato fatto, specie in termini di progressi scientifici, ma altrettanto resta da fare per realizzare una piena integrazione nel mondo del lavoro e della produttività professionale.

Nel contesto italiano, in special modo, collegata anche al PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è in atto una rivoluzione culturale che deve essere portata a termine in breve tempo, quella relativa a una disabilità non più intesa come occhio che ha perso in parte o del tutto la sua funzione visiva attiva, ma valutando, invece, tutte quelle ripercussioni che la persona affetta vive, sia in ambito sociale che individuale.

Insomma, si tende a dare più importanza all’autonomia della persona in quanto entità fisica inserita in un contesto sociale, che alla malattia in sé.

E questa inclusione è inserita ormai in un programma più ampio di impegno nazionale, dove le tecnologie rivestono ruoli sempre più facilitanti gli inserimenti professionali a vari livelli, e le normative prodotte si adeguano a questa filosofia di vita per le applicazioni pratiche.

Questi elementi positivi sono emersi nel corso dell’evento “Tecnologia e innovazione scientifica al servizio dell’ipovedente: traguardi raggiunti e prospettive future” promosso da EyesON, in collaborazione con Givre e IAPB Italia onlus e tenutosi nell’ambito del XXIII Congresso internazionale Givre (Gruppo Italiano di Chirurgia Vitreoretinica) da poco conclusosi a Trieste.

“La tecnologia da un punto di vista funzionale – rileva Mario Barbuto, Presidente di Iapb Italia Onlus – permette di fare cose che prima non si potevano fare. È una porta aperta sul mondo, sulla possibilità di leggere libri, quotidiani, ascoltare o ‘guardare’ i programmi televisivi. Cose che possono avere una ricaduta in termini lavorativi e di inclusione sociale. Un tempo la cecità era considerata una sciagura. Ora è una disabilità, pur rimanendo una delle più gravi”.

Può essere visto come inclusione il progresso medico scientifico, che ha ridotto i ciechi assoluti e garantito la conservazione di un residuo visivo per tanti ipovedenti. Mediante le tecnologie giuste e le normative giuste si può immaginare una gamma di attività, che con formazione adeguata e impiego tecnologico rendano oggi possibile ciò che prima non lo era. All’accertamento della disabilità visiva, per il quale l’aspetto medico legale è determinante, segue una necessaria attenzione all’ambiente che ci circonda, che va adattato affinché gli ipovedenti possano costituirne parte attiva tramite l’ausilio della tecnologia.

Per il Presidente di Iapb Italia Onlus la prevenzione deve essere messa in primo piano. “L’obiettivo – specifica infatti Barbuto – è prevenire ancor prima che intervenire, facendo sì che la visita venga a trovare il cittadino. Un progetto di legge, che in questi giorni ha cominciato il suo iter, prevede la possibilità di istituire tramite la telemedicina i primi interventi a livello di quartiere”.

Dei progressi scientifici hanno parlato il Professor Daniele Tognetto, organizzatore del XXIII Congresso Givre, e il Dottor Marco Pileri, Presidente Givre.

Pileri, in particolare, sottolinea l’importanza che protesi sempre migliori e cristallini artificiali rivestiranno in futuro, specie per le patologie della retina.

➤ Per saperne di più: Maculopatia, primo impianto di retina artificiale in Italia

I grandi passi in avanti compiuti in questi anni potrebbero presto fornire, secondo lo specialista, la possibilità di ricorrere alla chirurgia anche quando la situazione a livello visivo non è totalmente compromessa.

In più, per alcune forme di retinite pigmentosa in particolar modo, si sta implementando la terapia genica.

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