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Così la retina avrà meno segreti

Dalle cellule gliali ed ottiche adattive nuove possibilità per la diagnosi e la terapia delle malattie retiniche

 

L’utilità di una ricerca sulle caratteristiche fisiologiche oltre che strutturali in live delle singole cellule retiniche è un nuovo aspetto, una nuova strada che gli OCT e l’angiotomografia oggi permettono, un incipit di assoluta utilità, un completamento diagnostico, un aiuto efficace ed innovativo per una corretta e più mirata terapia nella maggior parte delle patologie corioretiniche.

L’individuazione delle cellule gliali nel sistema nervoso risale all’inizio del Ventesimo Secolo. La loro predominanza numerica rispetto ai neuroni, confutata dalle ultime ricerche, alimentò nel tempo la falsa credenza che il cervello utilizzasse solo il 10% della sua massa complessiva.

Il ruolo attivo di queste cellule, non deputate alla trasmissione dell’impulso visivo, coinvolte nel determinare la velocità degli scambi sinaptici, è solo uno degli aspetti fisiologici che è stato loro attribuito, a partire dal 2004. Le cellule gliali sono state descritte originariamente nel 1892 dal medico, istologo e patologo spagnolo Santiago Ramón y Cajal (1852-1934), che con Camillo Golgi (1843-1926) condivise nel 1906 il premio Nobel per la Medicina. Si riteneva che le cellule della glia fornissero essenzialmente un supporto strutturale, con un ruolo metabolico e funzionale del tutto passivo.

Recenti lavori hanno dimostrato che le cellule gliali, nella retina come nel cervello, interagiscono attivamente con le altre cellule nervose, con capacità di modulare la conduzione sinaptica. L’idea di “cemento del tessuto nervoso” associato a tali cellule venne così mano a mano abbandonato. La loro importanza è suffragata da molte ricerche che hanno accertato una maggiore sopravvivenza delle gangliari se coltivate insieme alle cellule scoperte da Heinrich Müller.

Più di un risultato scientifico correla infatti alcune malattie neurodegenerative retiniche caratterizzate dal depauperamento delle gangliari alla disfunzione metabolica di queste importanti cellule.

Se queste ipotesi saranno ulteriormente verificate, si renderà necessario approntare nuove strategie terapeutiche indirizzate alla tutela delle cellule gliali retiniche, in particolare quelle del Müller, per rallentare e prevenire più efficacemente la perdita delle gangliari.

L’Ottica Adattiva o Adattativa è una nuova tecnologia che consente di migliorare la qualità di un sistema ottico agendo attivamente sul fronte d’onda del fascio luminoso. Il loro utilizzo nei nuovi strumenti permette di ridurre drasticamente i disturbi indotti dai disallineamenti, microvibrazioni, aberrazioni delle lenti e, in ambito astronomico, gli effetti del calore e turbolenze atmosferiche. L’utilizzo di queste nuove ottiche sarà fondamentale per osservare a 360 gradi la retina, arrivare alla visione cellulare.

Penso che l’indagine della componente gliale diventerà nel tempo sempre più necessaria, obbligatoriamente opportuna. In condizioni fisiologiche, e maggiormente nelle disfunzioni retiniche, uno studio di tutte le componenti cellulari retiniche sarà necessariamente da perseguire. Individuare in live con mezzi non invasivi i prodromi delle alterazioni cellulari retiniche sarà il vero obbiettivo per l’imaging del futuro, la vera svolta per migliorarne la capacità diagnostica, il decisivo passo avanti da adottare nel variegato mondo delle maculopatie.

 

[a cura di: Amedeo Lucente – Vicedirettore oftalmologiadomani.it]

 

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