La cornea, la prima struttura trasparente che la luce attraversa per produrre l’immagine sulla retina, è la membrana di protezione, ma anche di “benvenuto” al raggio luminoso. La sua non trasparenza produce, quindi, inevitabili conseguenze sulla nitidezza e qualità della immagine. Le nuove tecnologie hi-tech nel campo della produzione farmacologica potranno forse dare delle soluzioni in più, per mantenere questo nobile tessuto oculare sano e trasparente.
Una nuova ricerca getta infatti le basi per un collirio a lunga durata per il trattamento della neovascolarizzazione corneale, una condizione che colpisce più di un milione di persone in tutto il mondo ogni anno.
Uno studio preclinico, guidato dal Centre per Eye Research Australia e pubblicato sulla rivista Theranostics ha testato l’uso della nanomedicina per fornire farmaci usati per trattare le cornee danneggiate.
Numerose sono le cause che producono danni corneali più o meno importanti e definitivi: traumi, lesioni chimiche tossiche e infezioni come la blefarocongiuntivite cronica o la cheratite possono causare la formazione di nuovi vasi sanguigni che si estendono in profondità nella cornea, causandone l’annebbiamento e interferendo con la vista. Nelle fasi avanzate, la condizione può portare a una perdita della vista progressiva che può anche produrre il fallimento dei trapianti di cornea.
Il team di ricerca ha utilizzato nanoparticelle, particelle submicroscopiche, per sviluppare un sistema di colliri a base di gelatina che potrebbe fornire un trattamento efficace e di lunga durata alla superficie corneale. Se sviluppato come trattamento negli studi clinici, il collirio a nanoparticelle potrebbe rivelarsi potenzialmente più efficace nell’aiutare le terapie per numerose patologie corneali rispetto ai prodotti tradizionali. I colliri sarebbero inoltre meno invasivi se confrontati con altri tipi di trattamenti, come iniezioni oculari o interventi chirurgici, che possono avere come sempre benefici limitati ed effetti collaterali imprevisti. Utilizzando la formulazione di nanoparticelle, le nuove gocce secondo gli studiosi sarebbero “più adesive”, efficaci e durerebbero più a lungo rispetto ai trattamenti tradizionali.
L’antica tradizione medica, già fiorente nella cultura della Grecia antica, si sposa molto bene oggigiorno con le più imprevedibili novità della microtecnologia industriale.