➤ Astigmatismo
Con questo termine si fa riferimento ad un’anomala curvatura della cornea. In condizioni normali, la cornea può essere immaginata come una sfera, i cui raggi di curvatura sono esattamente uguali in ciascuna delle sue porzioni.
La cornea di un occhio astigmatico ha invece delle caratteristiche che la fanno rassomigliare più ad un pallone da football americano (un ellissoide). Questa differenza nei raggi di curvatura della cornea fa si che, sulla retina dell’occhio astigmatico, non venga proiettata una, ma più immagini dello stesso oggetto osservato. Questo determina la fastidiosa sensazione di un’immagine fuori fuoco.
Possiamo distinguere diversi tipi di astigmatismo:
- astigmatismi regolari – i più comuni e parafisiologici. Cosiddetti perché facilmente correggibili con l’uso di lenti a fronte cilindriche o lenti a contatto morbide toriche;
- astigmatismi irregolari – meno frequenti e generalmente frutto di processi patologici (cicatrici corneali, cheratocono). Non sempre totalmente correggibili, e per la cui gestione è richiesto l’uso di lenti a contatto rigide o semirigide.
➤ Cheratocono
Il Cheratocono è una patologia corneale multifattoriale, la cui genesi deriva dall’associarsi di fattori genetici (componente eredo-familiare) ed ambientali. Si caratterizza per la progressiva deformazione bilaterale ed asimmetrica della cornea. La cornea da struttura pressoché emisferica, tende ad assumere le sembianze di un cono, con apice generalmente localizzato in sede infero-temporale e lo sviluppo di un astigmatismo irregolare.
La patologia insorge, in genere, in età dello sviluppo, e può progredire sino ai 30-40 anni, caratterizzandosi per un progressivo peggioramento dell’acuità visiva.
La diagnosi è clinica, e si basa sul riscontro durante una visita oculistica di un astigmatismo irregolare e progressivo. L’astigmatismo è accompagnato da eventuale presenza di alcuni segni clinici osservabili all’esame alla lampada a fessura (ad esempio strie di Vogt, anello di Fleischer), insieme all’evidenza negli esami topografici/tomografici della irregolarità della superficie corneale con un incremento degli indici e di un assottigliamento corneale.
Il trattamento del cheratocono cerca di ottimizzare la capacità visiva e l’arresto della progressione della malattia.
L’uso di occhiali per la correzione dell’astigmatismo ancora piuttosto regolare può rivelarsi sufficientemente efficace solo nelle fasi inziali della patologia. Nelle fasi più avanzate, invece, in presenza di astigmatismi irregolari il ricorso a lenti a contatto (semi)-rigide è doveroso, per garantire il ripristino della capacità visiva. Qualora il paziente riveli un’intolleranza all’uso di lenti a contatto, o si ritrovino cicatrici del tessuto corneale localizzate in corrispondenza dell’asse visivo, è indicato il ricorso a trattamento chirurgico.
Oggi, la terapia di prima linea per tentare di arrestare o rallentare la progressione del cheratocono è rappresentato dal Cross Linking (CXL). Si tratta di un trattamento parachirurgico “a bassa invasività”. Si basa sul ricorso all’azione combinata di una sostanza, la riboflavina, e l’irradiazione UV-A, agenti in grado di favorire il rinforzo dell’architettura stromale corneale. La tecnica tradizionale (epithelium-off o epi-off) prevede la rimozione dell’epitelio corneale, seguita prima dall’applicazione di gocce oculari a base di riboflavina, chiamata anche vitamina B2, e poi dall’irradiazione UV per alcuni minuti. Sono state proposte delle modifiche all’approccio tradizionale (epithelium-on o epi-on), da riservare a casi selezionati.
L’indicazione principale per il ricorso al CXL è il riscontro di un cheratocono in progressione. È chiaro che i risultati visivi saranno tanto migliori quanto più precoce la diagnosi di malattia e il riscontro di progressione.
Sono oggi disponibili anche approcci chirurgici per la gestione del cheratocono, rappresentati da due differenti tecniche di trapianto di cornea. In relazione alla loro invasività, ai rischi di rigetto ed ai non sempre ottimali risultati visivi, essi sono indicati soltanto in un limitato numero di casi. Le indicazioni principali sono la riferita intolleranza all’uso di lenti a contatto rigide o la presenza di una cicatrice corneale centrale tale da limitare irrimediabilmente e permanentemente l’acuità visiva.
Le due principali tecniche di trapianto sono:
- Cheratoplastica perforante (PK) – si tratta di un trapianto di cornea a tutto spessore, in cui la cornea del paziente ricevente viene sostituita in blocco da una cornea da donatore. Si tratta di un intervento invasivo, gravato da un elevato rischio di rigetto e di fallimento del lembo e oggi usato su casi selezionati.
- Cheratoplastica lamellare anteriore profonda (DALK) – in questo tipo di trapianto, la cornea del ricevente viene separata in modo tale da lasciare in la porzione più interna (membrana di Descemet) e l’endotelio del paziente ed impiantare la cornea del donatore priva di questi strati. Si tratta di un intervento meno invasivo e gravato da un minor rischio di rigetto, ragion per cui è oggi preferito alla PK.
➤ Distrofia endoteliale di FUCHS – FECD
Si tratta di una patologia dell’endotelio corneale, lo strato più interno, ad esordio tardivo (> 50 anni), lenta progressione, generalmente asimmetrica, ma bilaterale. Si presenta più frequentemente nel sesso femminile (i maschi hanno una probabilità tre volte minore di sviluppare la malattia).
L’insorgenza della FECD è descritta come una patologia multifattoriale generata dall’associazione di fattori ambientali a fattori genetici. La variabilità riscontrata nelle modalità di presentazione del quadro clinico di insorgenza (età d’esordio più o meno precoce, maggiore o minore interessamento endoteliale, ecc.) nel contesto di uno stesso gruppo familiare, suggerisce il ruolo cruciale svolto dalla componente ambientale nella definizione di questa malattia.
La FECD si caratterizza per un’insorgenza tardiva, dopo i 50 anni, e per una lenta progressione del quadro clinico-patologico. Pertanto, per un arco di tempo variabile, il paziente non avverte alcun sintomo. Generalmente il paziente lamenta una visione fluttuante, con sensazione di appannamento visivo, più spesso evidente al risveglio, che nella mattinata migliora.
La diagnosi viene effettuata in relazione al quadro clinico ed al riscontro obiettivo di “guttae” corneali. La microscopia endoteliale è probabilmente l’esame più accurato per la diagnosi della FECD perché produce immagini dell’endotelio danneggiato. Altro dato fondamentale nella valutazione del paziente con FECD è lo studio dello spessore corneale (pachimetria), che rappresenta un indice indiretto di funzionalità delle cellule endoteliali.
Il trattamento della FECD è principalmente di natura chirurgica ed è rappresentato dal trapianto di endotelio corneale. Esistono due tecniche principali di trapianto:
- DSAEK (Descemet Stripping Automated Endothelial Keratoplasty) – Si tratta di un trapianto di cornea lamellare (viene sostituita solamente la porzione interna di cornea), in cui l’endotelio patologico della cornea del ricevente viene sostituita con un tessuto da donatore costituito da endotelio, membrana di Descemet e una piccola porzione di stroma posteriore (spessore del tessuto impiantato 80-120 mm).
- DMEK (Descemet Membrane Endothelial Keratoplasty) – di più recente introduzione, si caratterizza per l’impianto di un tessuto da donatore ben più sottile di quello della DSAEK (15 – 20 mm), il che comporta un migliore e più rapido recupero visivo, insieme ad un ridotto rischio di rigetto.
A cura di
S.I.TRA.C. – Società Italiana Trapianto di Cornea e Superficie Oculare