Hanno un esordio precoce, già alla nascita o nell’infanzia, e possono progredire fino a portare a ipovisione o cecità nella vita adulta. Le malattie degenerative ed ereditarie della retina rientrano, per ciascuna forma, nell’ambito delle patologie rare, ma un recente studio ha stimato complessivamente che siano circa 5.5 milioni i pazienti con degenerazioni retiniche ereditarie nel mondo.
Per queste malattie è arrivata da qualche mese in Italia la prima terapia genica. Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ad inizio 2021 ha dato il via libera alla rimborsabilità di Luxturna (Voretigene neparvovec), terapia indicata in particolare per il trattamento di bambini e adulti con una forma di distrofia retinica ereditaria, che comporta perdita della vista a causa di una mutazione genetica in entrambe le copie del gene RPE65, che hanno sufficienti cellule retiniche vitali. Questa forma, molto rara e fino ad oggi priva di trattamenti, rende i bambini ipovedenti dalla nascita e comporta una grave e progressiva riduzione della capacità visiva verso la cecità.
Attualmente alla Clinica Oculistica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli sono stati già trattati 12 bambini che grazie alla terapia genica hanno presentato un significativo recupero della funzione visiva e conseguente miglioramento della qualità di vita.
La professoressa Francesca Simonelli, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Visivo, Direttrice della Clinica Oculistica dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e Presidente della SIOG (Società italiana di Oftalmologia Genetica), che da anni svolge ricerche proprio sulle malattie degenerative ed ereditarie della retina, accompagna i lettori di EyesON in un viaggio attraverso queste malattie e le terapie innovative messe in campo.
Le sue ricerche da molti anni ormai si concentrano sulle malattie degenerative ed ereditarie della retina…
Ci può dire brevemente quali sono queste malattie? Qual è lo stato dell’arte della ricerca su queste patologie?
Le distrofie retiniche ereditarie, includenti differenti forme cliniche, tra cui le più frequenti sono la Retinite pigmentosa, la Malattia di Stargardt, la Distrofia dei coni, la Coroideremia e l’Amaurosi congenita di Leber, sono malattie rare, di origine genetica, dovute alla degenerazione dei fotorecettori retinici, coni e bastoncelli.
Tali malattie hanno un esordio precoce, alla nascita o nella prima infanzia, e progrediscono lentamente ed inesorabilmente fino a condurre ad una grave ipovisione o cecità in età adulta.
Storicamente la ricerca nell’ambito di queste patologie si è focalizzata sull’identificazione delle cause genetiche e ha portato ad oggi all’identificazione di circa 200 geni causa di malattia, anche grazie ai progressi nell’ambito della genetica molecolare, che negli ultimi anni ha reso possibile il sequenziamento dell’intero genoma. Tuttavia, nonostante i notevoli progressi che consentono attualmente di identificare la causa della malattia nella maggior parte dei pazienti (circa nel 65% dei casi), restano ancora numerosi i casi irrisolti, il che indica che ulteriori geni probabilmente, restano ancora da identificare. La scoperta della causa genetica delle distrofie retiniche ereditarie, è stata determinante perché ha aperto la strada alla possibilità di sviluppo di trattamenti sperimentali, basati in particolare sulla terapia genica.
Si possono diagnosticare durante la gravidanza con particolari test o bisogna purtroppo aspettare i primi mesi di vita del bambino?
Quando la causa genetica della malattia è stata identificata nel nucleo familiare è possibile effettuare un’indagine prenatale attraverso villocentesi o amniocentesi per valutare l’eventuale presenza della mutazione nel feto. Diversamente, la diagnosi clinica viene fatta all’insorgenza dei primi segni e sintomi della malattia e successivamente confermata dall’indagine genetica, in genere nei primi anni di vita del bambino.
L’incidenza di queste patologie è importante o trascurabile? Esistono possibilità di prevenzione?
Benché singolarmente ciascuna forma rientra tra le malattie rare, con un’incidenza inferiore a 1 paziente ogni 2000 abitanti, l’incidenza complessiva di queste patologie risulta significativa; al riguardo, un recente studio ha stimato la presenza di circa 5.5 milioni di pazienti affetti da degenerazioni retiniche ereditarie nel mondo. La possibilità di prevenzione è legata prevalentemente alla diagnosi precoce della malattia come precedentemente detto, che può consentire di avviare il paziente ad un possibile trattamento, sperimentale o approvato.
Di recente le sue ricerche hanno portato a risultati molto incoraggianti nel campo della distrofia retinica ereditaria, di cui si è occupato non solo il mondo scientifico, ma anche i media nazionali ed internazionali… Ci può raccontare la sua esperienza?
Vi racconto con piacere del nostro percorso che inizia a Napoli nel 1990, quando da giovane ricercatrice stimolai l’istituzione di un ambulatorio dedicato alle retinopatie ereditarie nella Clinica Oculistica dell’Università, grazie anche al supporto dell’associazione dei pazienti retinopatici “ORAO” che nasceva in quegli anni in città.
La prima Struttura includeva ambulatori di elettrofisiologia, perimetria ed una raccolta di un gran numero di libri che, da autodidatta, mi hanno consentito di avvicinarmi per la prima volta all’argomento.
Allargai rapidamente il team e fu cruciale il coinvolgimento di un professore di Genetica Medica, che si appassionò al progetto ed una volta alla settimana veniva in ambulatorio per effettuare la consulenza genetica ed il prelievo ematico per eseguire i primi test sul DNA, volti ad identificare le mutazioni genetiche nei pazienti. Cominciammo a definire clinicamente e geneticamente una casistica di pazienti che diventava sempre più numerosa, consentendo così di effettuare i primi studi di correlazione genotipo-fenotipo in Italia.
E poi?
L’incontro con i ricercatori dell’Istituto TIGEM (Istituto Telethon di Genetica e Medicina) di Napoli fu decisivo e determinò la svolta. Cominciarono ad analizzare i prelievi di sangue dei pazienti raccolti negli anni precedenti nei quali non era stata determinata la causa genetica della malattia, e si decise di effettuare uno studio in Italia sull’Amaurosi Congenita di Leber/Retinite pigmentosa ad insorgenza precoce. Identificammo così 10 pazienti con mutazioni nel gene RPE65.
Proprio, in quegli anni, stava per partire il primo trial clinico di terapia genica di fase 1 al mondo su pazienti con Amaurosi Congenita di Leber causata da mutazioni nel gene RPE65 e così stringemmo una collaborazione con i colleghi del Children Hospital di Philadelphia per condividere i pazienti da trattare e i primi tre pazienti trattati al mondo furono 3 Italiani arruolati presso la Clinica Oculistica di Napoli. Da lì partì l’avventura, con la partecipazione a tutte le sperimentazioni successive fino al trial di fase 3 che portò all’approvazione della terapia.
Avete iniziato quindi terapie innovative?
Siamo stati il primo centro in Italia accreditato per il trattamento con Luxturna e attualmente abbiamo già trattato 12 bambini che grazie alla terapia genica hanno presentato un significativo recupero della funzione visiva e conseguente miglioramento della qualità di vita.
È stata una sfida difficile, soprattutto nelle fasi iniziali, in cui il progetto veniva scarsamente considerato nell’ambito dell’Oftalmologia, perché ritenuto troppo lontano dalla realtà clinica e con scarse probabilità di successo.
Ma noi siamo andati avanti con determinazione e la nostra forza è nata dall’allargare la squadra, creando un team con competenze multiple, interdisciplinari, dal genetista medico, al biologo molecolare, all’audiologo, al neurologo, al nefrologo, ad oftalmologi specializzati nelle differenti procedure diagnostiche, ma tutti lavorando sempre insieme e collaborando alle diagnosi cliniche e genetiche.
Retinite pigmentosa, Amaurosi Congenita di Leber, Malattia di Stargardt, albinismo, tutte situazioni cliniche che incidono in maniera importante sull’autonomia della persona. I suoi studi aprono speranze a breve termine a questi soggetti ipovedenti?
I risultati incoraggianti dei trials clinici con Luxturna, primo farmaco di terapia genica approvato, hanno aperto la strada alla cura di altre forme di distrofie retiniche ereditarie ed attualmente, sono in corso oltre 20 trial clinici di terapia genica oculare. Inoltre, sono anche numerose le sperimentazioni con terapiafarmacologica, soprattutto per alcune patologie, quali ad esempio la Malattia di Stargardt, che sinora hanno presentato maggior difficoltà di trattamento attraverso la terapia genica.
Le terapie geniche sono quindi il futuro per la cura di queste patologie rare?
Noi crediamo che siano il presente della cura per le patologie retiniche rare ed a tal proposito abbiamo creato, da alcuni anni, l’“Unità di Terapie Avanzate per le Malattie Genetiche Oculari”, in collaborazione con la Fondazione Telethon presso la Clinica Oculistica dell’Università Vanvitelli di Napoli, con team e spazi dedicati al trattamento – sperimentale o approvato – dei pazienti affetti da distrofie retiniche ereditarie.