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Biopsia corneale: un passaggio terapeutico obbligato?

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Il prelievo consente di individuare il patogeno dell’infezione e identificare il trattamento, come spiega Manuela Lanzini, della Clinica oftalmologica del Policlinico “S.S. Annunziata” di Chieti

 

Per curare un’infezione all’occhio, è necessario individuare prima il patogeno responsabile e adottare la terapia corretta. In questo processo, un aiuto prezioso è dato dalla biopsia corneale, ovvero il prelievo dalla cornea di un frammento di tessuto che viene in seguito analizzato. “L’esame – spiega nella video intervista Manuela Lanzini, dirigente medico presso la Clinica oftalmologica del Policlinico “S.S. Annunziata” di Chieti – si effettua dopo aver sottoposto il paziente a un’anestesia a livello topico e dura pochi minuti, ma ci consente di scegliere la terapia corretta ed evitare che l’infezione si protragga con il rischio di dover ricorrere a interventi più invasivi”.

Il posto più sicuro per eseguire la biopsia è la sala operatoria, dove il microscopio permette di prelevare con precisione il tessuto e ridurre le complicanze, “fra cui – evidenzia l’esperta – la perforazione della cornea che è sottile mezzo millimetro”. In alcuni casi, l’alternativa alla biopsia è il prelievo in superfice dei frammenti di tessuto, ma “è possibile – commenta Lanzini – che la coltura ottenuta sia negativa e quindi è necessario in seconda battuta un ulteriore esame”.

➤ Per saperne di più, ascolta il podcast: Alla scoperta della cornea, la lente principale con la quale vediamo il mondo

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